Il vantaggio delle terapie di breve durata: i migliori risultati si ottengono all’inizio

psicoterapia seduta singola

In poche sedute si ottengono la maggior parte dei risultati.

Prova a pensare a un evento che ha determinato grandi cambiamenti nella tua vita.
Pensato?
Ora mettilo nero su bianco e ripercorri con la memoria quanto successo. Attribuisci un tempo all’evento che ha modificato, cambiato, ri-orientato la tua vita. Nella maggioranza dei casi la durata di eventi significativi non è cosi tanto, non trovi?

Prendendo spunto da episodi di vita quotidiana, ti sarai reso conto che spesso un’esperienza emozionale correttiva (Alexander, 1946) è qualcosa che in un tempo spesso breve genera cambiamenti e progressi inattesi.

Duncan e Miller (2000) espongono i dati di una ricerca in cui i cambiamenti significativi hanno luogo nelle battute iniziali di una psicoterapia, rinforzando l’idea che il primo colloquio abbia grandi potenzialità, come abbiamo sottolineato nell’articolo “Qual è il termine corretto: Terapia o Psicoterapia a Seduta Singola?”.


Le ricerche

Lunga durata, breve durata o Sessione Singola?
Questo è il dilemma!

È certo (Baldwin et al., 2009; Feaster, Newman & Rice, 2003; Harnett , O’Donovan & Lambert 2010) che a miglioramenti sostanziali nelle prime fasi della terapia seguono minori progressi nel prosieguo del percorso. Su questa linea, McGarry e colleghi (2008) sostengono che un intervento breve (da 1 a 3 colloqui) è stato efficace quanto, e in alcuni casi anche di più, un trattamento a lungo termine. Lebow (1997) sostiene che le terapie in cui nelle prime fasi non si verifica alcun cambiamento (o minimo) rischiano di condurre ad un esito del processo nullo o addirittura negativo, peggiorando la situazione iniziale.

Tutta una serie di ricerche (i cosiddetti dose-effect studies, che in psicoterapia studiano appunto la “dose”, il numero di sedute necessarie per ottenere un cambiamenti significativi – e quello oltre il quale non si ottengono più – vanno in questa direzione: nelle prime sedute, spesso in una sola, si ottiene il massimo dei risultati, se non proprio tutto ciò di cui c’è bisogno.

 

La lunga durata e la costruzione di un mito

Le teorie maggiormente in voga apprese nell’iter formativo, hanno condizionato molto la pratica professionale di numerosi psicologi e psicoterapeuti. L’idea che per il buon esito di un processo psicoterapeutico sia necessario, quasi obbligatorio, ricercare radici profonde, scavando molto e a lungo quasi, consentitemi la provocazione, optando per un’autoflagellazione finalizzata a espiare colpe per tornare a vivere serenamente, è stata molto alimentata. La matrice di fondo, legata alla necessità di una lunga durata, deriva dall’assunto secondo cui per modificare convinzioni psicologiche sia necessario molto tempo, proprio perché queste convinzioni si dimostrano resistenti e quindi richiedono tempo e sacrificio.

Da qui la “certezza” che per eliminare il malessere sia opportuno agire non tanto sul sintomo – con conseguente critica alle Psicoterapie Brevi – quanto sulla patologia sottostante, e per far questo si crede (o almeno si credeva) che la via maestra fosse la terapia di lunga durata.

Molte ricerche, qualcuna già citata nei nostri articoli, dimostrano che manca una diretta correlazione tra durata e miglioramento. Barkham e colleghi (2006) stabiliscono che il cambiamento in un processo terapeutico mostra un progressivo miglioramento nel tempo fino a che la persona non raggiunge un livello soddisfacente, dopodiché terapeuta e cliente si orientano verso nuovi obiettivi. E un “livello soddisfacente”, come mostrato dalle ricerche nel campo, si può ottenere anche in una Seduta Singola: fu proprio uno psicoanalista, David Malan, a dire che prima di una terapia lunga o anche breve occorre proporre al paziente una Seduta Singola.

 

Il mito della ricaduta

Altre critiche mosse alle Psicoterapie Brevi derivano dalla possibilità che le persone che hanno usufruito di percorsi di terapia breve possano a distanza di tempo, mesi o anni, presentare ricadute con l’accusa dunque di una risposta positiva al trattamento che è solo superficiale.

Al di là degli ormai innumerevoli studi che hanno dimostrato il mantenimento dei risultati di Sedute Singole e terapie brevi molto in là negli anni, è proprio il presupposto ad essere fuorviante. Ad esempio, chiediamoci: una cura antibiotica per un problema “X” fatta oggi, risolverà per sempre il problema scongiurando che questo, o altri, possano presentarsi nel corso della vita? O, come diceva Watzlawick (2007), se il dentista oggi ci risolve il problema significa che non dovremo tornarci mai più?

 

Dalla teoria alla pratica: la vita quotidiana

O’Hanlon & Weiner-Davis (1989) elencano una serie di assunti che sostengono e rinforzano il senso e la motivazione di una Terapia a Seduta Singola:

  1. I cambiamenti rapidi, oltre ad essere possibili, sono estremamente comuni nella vita delle persone
  2. Le aspettative del terapeuta rispetto al cambiamento del “tempo necessario al cambiamento” sono rimandate, mediante linguaggio verbale e non verbale, alla persona con cui si trova ad interloquire, influenzando di conseguenza il processo terapeutico
  3. Non c’è una correlazione diretta tra durata e gravità del problema e la durata del trattamento.
  4. Si ha molto meno bisogno, rispetto a quanto si creda, di avere conoscenze della storia della malattia e della persona.
  5. I clienti sono molto meno interessati alla psicoterapia rispetto ai terapeuti: ciò che interessa loro è stare bene.
  6. I più grandi cambiamenti avvengono sempre nei primi momenti di un processo terapeutico.

“Di più” non è necessariamente “meglio”

Partendo da questi assunti gli autori concettualizzano alcuni punti chiave sul perché “di più non è necessariamente migliore”:

  1. Un’unica sessione di lavoro è spesso il numero preferito dai clienti: la determinazione del tempo incide sia sulla prestazione del professionista sia sulla collaborazione del cliente.
  2. Comunicando al cliente che un’unica sessione può essere sufficiente restituiamo potere alla persona ed alle sue risorse, e di conseguenza alla possibilità di cambiamento.
  3. Quando un processo terapeutico prende derive di lunga durata, le persone possono introiettare il significato di essere in condizioni gravi.
  4. Il minor tempo garantisce alla persona più tempo per sé ed è finanziariamente sostenibile.

 

Conclusioni

Da quanto esposto sembra opportuno, se non obbligatorio come professionisti della relazione di aiuto, chiederci se l’obiettivo, che ricordo è il benessere della persona, non sia raggiungere il risultato nel minor tempo possibile, anche in considerazione che molti studi conducono alla conclusione di come la psicoterapia di lunga durata non è la scelta elettiva dei trattamenti.

Anni fa durante una formazione apprezzai molto l’affermazione del formatore che caratterizzò la Vision del lavoro di aiuto: “Puntare all’auto estinzione del terapeuta”. Già ridurre un intervento ad una Singola Seduta ritengo sia un passaggio verso tale obiettivo su cui, allora come ora, concordo pienamente.

Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Co-founder dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).

Bibliografia

 

Alexander, F., French, T.M. (1946). Psychoanalytic Therapy: Principles and Application. New York: Ronald Press.
Baldwin, S.A., Berkeljon, A., Atkins, D.C. , Olsen, J.A. & Nielsen, S.L. (2009). Rates of change in naturalistic psychotherapy: Contrasting dose-effect and good-enough level models of change. Journal of Consulting & Clinical Psychology, 77, 203–211.
Barkham, M., Mellor-Clark, J., Connell J. & Cahill J. (2006). A core approach to practice-based evidence: A brief history of the origins and application of the CORE-OM and CORE System. Counselling and Psychotherapy Research, 6(1): 3-15.
Bobele, M. & Slive, A. (2011). When One Hour is All You Have. Phoenix: Zeig, Tucker & Theisen.
Cutler, D.M.,  Finkelstein, M. & McGarry, K. (2008). Preference Heterogeneity and Insurance Markets: Explaining a Puzzle of Insurance. National Bureau of Economic Research (working paper).
Fester, D.J., Newman, F.L. & Rice, C. (2003). Longitudinal analysis when the experimenters does not determine when treatments end: What is does response? Clinical Psychology and Psychotherapy, 10(6), 352-360.
Harnett, P., O’Donovan, A. & Lambert, M.J. (2010). The dose response relationship in psychotherapy: Implications for social policy. Clinical Psychologist, 14 (2), 39-44.
Lebow, J. (1997). The Integrative Revolution in Couple and Family Therapy. Family Process, Volume 36, Issue 1, 23–24.
Miller, S. & Duncan, B.L. (2000). The Outcome Rating Scale. Chicago, IL: Authors.
O’Hanlon, W., Deiner-Davis, M. (1989). In search of solutions: a new direction in psychotherapy. W.W. Norton & Company, Inc: New York.
Watzlawick, P. (2007)Guardarsi dentro rende ciechi. Scritti scelti. Milano: Ponte alle Grazie.

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Federico Piccirilli