La Supervisione clinica a Seduta Singola

La Supervisione clinica a Seduta Singola

Obiettivo dell’articolo di oggi è quello di esplorare l’ambito della Supervisione a Seduta Singola e le linee guida utili a portare avanti tale processo di supporto professionale definite da Pam Rycroft (2018), psicologa, psicoterapeuta familiare che opera presso il Bouverie Centre di Melbourne (Australia).

La supervisione clinica, come sappiamo, è una componente cruciale del percorso di un terapeuta dal momento in cui inizia la sua formazione fino al consolidamento della pratica. Le conversazioni di supervisione invitano i clinici a riflettere sulla pratica, a promuovere lo sviluppo delle abilità professionali e a favorire il raggiungimento di risultati positivi per i clienti (American Association for Marriage and Family Therapy, 2014).

 

 

Quante forme di supervisione esistono?

Esistono due categorie principali di attività di supervisione: la supervisione amministrativa e quella clinica (Harper -Jaquas, 2018).

 

 

In cosa si differenziano?

La supervisione amministrativa riguarda la revisione e la discussione dei parametri di produttività e della documentazione di un’organizzazione.

La supervisione clinica, invece, è definita come un’alleanza di lavoro che si realizza attraverso un processo continuo tra professionisti volti a migliorare le conoscenze, le abilità e il giudizio, finalizzata a supportare il clinico e indirettamente il cliente (Addiction and Mental Health Clinical supervision Group, 2013).

 

 

A cosa serve la supervisione clinica?

Ci sono molte descrizioni di supervisione, ma non una sua definizione universalmente accettata. Esistono, però, degli inquadramenti che ne delineano le varie funzioni e i ruoli nei diversi contesti di applicazione. Le funzioni più citate sono quelle normativa, formativa e riparativa, le quali rappresentano rispettivamente i concetti di responsabilità, sviluppo professionale e supporto. Recentemente, tuttavia, è stato dato molto risalto anche al processo di apprendimento e di riflessione esperienziale della supervisione, aggiungendo alle tre sopra citate funzioni quella educativa (Rycroft, 2018). 

 

 

Come avviene generalmente la supervisione?

La supervisione si sviluppa attraverso un processo sequenziale così come avviene in un percorso terapeutico a lungo termine. I molti modelli esistenti di supervisione sono accomunati dalla condivisione delle qualità necessarie per essere dei buoni supervisori e svolgere una buona supervisione, più raramente gli autori si sono soffermati ad analizzare gli elementi che influiscono sul miglior utilizzo dell’ora di supervisione.

 

 

Pertanto la domanda che ci poniamo a questo punto è “Come per la terapia a seduta singola, anche nel caso della supervisione è possibile concepire un tipo di incontro in cui, adottando una “mentalità a seduta singola”, ne possiamo massimizzare l’efficacia a prescindere dal numero delle sedute effettuate?

La risposta ovviamente è sì e di seguito vedremo in che modo ciò è possibile!

 

 

Qual è il formato di una supervisione a seduta singola?

Il formato di supervisione a seduta singola sviluppato da Pam Rycroft (2018) si suddivide in tre segmenti:  

  1. Esposizione (inserimento del contesto; focus su un tema principale; rimanere in pista).
  2. Sviluppo (comprensione dei problemi, delle tentate soluzioni, dei vincoli e delle risorse).
  3. Riepilogo (riflessione del terapeuta sui suoi pensieri, le sue idee, le possibilità e l’ascolto del cliente).

 

Questi tre segmenti comprendono nove diverse sezioni che vediamo in dettaglio:

 Impostazione del contesto, connessione, contrazione:

  • Condividere il processo.
  • Comprendere il contesto del supervisionato, i valori.
  • Negoziare un buon risultato: “Questo potrebbe essere il risultato più utile possibile?”

 

  1. Trovare un focus:
  • Ascoltare “la storia” sul lavoro.
  • Stabilire l’aspetto particolare su cui concentrarsi: “Quali sono i problemi clinici?”
  • Negoziare come procedere.
  • Enumerazione di eventuali scelte.

 

  1.  Rimanere in pista/Il check-in:
  • “Stiamo parlando di ciò su cui dobbiamo concentrarci o stiamo andando fuori strada?”
  • “Posso solo verificare con te che questo è dove dobbiamo dirigerci? Questo è utile? Puoi farmi sapere se c’è qualcosa che mi sfugge?”

 

  1. Indagine sui tentativi di intervento:
  • (Mantenere l’attenzione sull’aspetto appropriato).
  • Ascolto delle risorse dei supervisionati: “Di tutto ciò che hai provato, cosa è andato bene e cosa non è andato così bene?”
  • “Ripensandoci, c’è qualcosa che faresti diversamente? O che non cambieresti?”
  • “Cosa sai di te/del tuo cliente che mi dice che sei pronto a provare qualcosa di diverso?”

 

  1. Revisione / Transizione:
  • “Prima di dirti cosa sto pensando, c’è qualcos’altro che ho bisogno di sapere, che pensi possa esserti utile?”
  • “Ho capito i tuoi problemi finora? c’è qualcosa che non ti ho chiesto, ma che avrei dovuto?”

 

  1. Riflessione:
  • Offrire il proprio pensiero il più apertamente possibile (tenendo presente il risultato sperato) e tenendo presente sia il supporto che la sfida!

 

  1. Ascoltare il feedback del supervisionato:
  • “C’è qualcosa in quello che ho detto che non ti sta bene? Dimmi come ti colpisce!”

 

  1. Check-in e chiusura:
  • Quanto siamo riusciti ad arrivare vicino a ciò che avevi sperato?”
  • “Ultime domande/preoccupazioni?” Cosa porterai via?”

 

  1. Ritorno al primo punto come in un processo circolare: l’obiettivo di tornare sulle questioni presentate dal supervisionato e sull’esito sperato, “chiudendo il cerchio”. Ciò permette di riprendere alcune questioni rimaste in sospeso e negoziare una loro rivisitazione (Rycroft, 2018).

 

 

Conclusione

La supervisione clinica è un momento fondamentale per il professionista che si trova a svolgere un lavoro basato sulla relazione di aiuto, influendo sul suo benessere e indirettamente del cliente. Il poter beneficiare di tale supporto, rende la nostra professione un bene ancora più prezioso, pertanto introdurre la mentalità a seduta singola in tale ambito non potrà che apportare dei vantaggi. Questi ultimi riguarderanno i supervisori che non dovranno abbandonare i modelli di base a cui si ispirano per condurre il loro lavoro, massimizzandone l’efficacia e i supervisionati che lo potranno considerare  uno strumento più accessibile e adattabile ai diversi contesti in cui lo richiederanno.

 

 

Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).

Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

 

Bibliografia.

Addiction and Mental Health Clinical supervision Group, (2013). Clinical Supervision and practice supports for an integrated service delivery system: A guidance framework. Edmonton, Alberta, Canada: alberta Health Services.

American Association for Marriage and Family Therapy (2014). Approved suprvisordesigation: Standards handbook. Washington, DC: Author.

Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a Seduta Singola: Principi e pratiche. Giunti Editore.

Talmon, M. (1990). Terapia a seduta singola: massimizzare l’effetto del primo (e spesso unico) incontro terapeutico. San Francisco: Jossey-Bass.

Rycroft, P. (2018). Capturing the moment in Supervision. In Hoyt, M.F., Bobele, M., Slive, A., Young, J., Talmon, M. (2018). Single – Session Therapy by Walk -In or Appointment: Administrative, Clinical, and Supervisory Aspects of One – at- a – Time Services. New York: Routledge.

Harper -Jaquas, S. (2018). Supervising Single-Session Therapists. In Hoyt, M.F., Bobele, M., Slive, A., Young, J., Talmon, M. (2018). Single – Session Therapy by Walk -In or Appointment: Administrative, Clinical, and Supervisory Aspects of One – at- a – Time Services. New York: Routledge.

 

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Angelica Giannetti