I fondamenti della Terapia a Seduta Singola: una storia di rischio e sicurezza

I fondamenti della Terapia a Seduta Singola: una storia di rischio e sicurezza

Con l’articolo di oggi parleremo dei fondamenti della Terapia a Seduta Singola, ma lo faremo a partire dalla descrizione di un caso clinico in cui è stata applicata la TSS all’interno di un servizio Walk-in dell’Eastside Family Centre situato a Calgary (Canada).

Qualche settimana (clicca qui) fa avevamo già affrontato il tema della Sessione Singola/Walk-in e di come tale metodo d’intervento venga utilizzato in maniera efficace all’interno di tali servizi di salute mentale (Slive, McElheran, Lawson, 2008).  

Oggi, invece, ci soffermeremo sui fondamenti che la caratterizzano e ne guidano la pratica.

 

 

La storia di Jane e di sua figlia Lisa

Jane e sua figlia Lisa si rivolsero al Centro due giorni dopo che la ragazza aveva preso una dose eccessiva di farmaci. Il pronto soccorso dell’ospedale le aveva inviate all’Eastside per assicurarsi che Lisa potesse essere aiutata e che fosse avviato un programma di sicurezza. Mentre si stava svolgendo la sessione di terapia, fu subito evidente che c’erano diversi problemi in famiglia: Jane era una madre single con sette figli. La donna lavorava la sera e non poteva essere sempre disponibile per i suoi figli quando ne avevano bisogno.

Lisa di 13 anni aveva avuto una relazione con un uomo più grande di lei, di cui era rimasta incinta e aveva abortito all’insaputa di sua madre. Lisa raccontò che i suoi compagni di scuola dopo aver scoperto dell’aborto avevano fatto commenti crudeli su Internet. Inoltre, disse di aver avuto per diversi anni dei pensieri ricorrenti che ora erano tornati, compromettendo la sua capacità di concentrazione. Per gestire le sue giornate Lisa aveva cominciato a tagliarsi con l’intento di recuperare l’autocontrollo.

La terapeuta iniziò la sessione chiedendo a Lisa se poteva riferire come mai lei e sua madre quel giorno avevano deciso di rivolgersi al centro di consulenza walk-in piuttosto che andare a scuola. Lisa iniziò dicendo che sua madre era preoccupata perché lei si stava tagliando. Quando le fu chiesto se poteva parlare dei tagli, Lisa iniziò a raccontare dell’aborto, dei problemi che stava vivendo con i suoi coetanei e della sua percezione di non essere abbastanza interessante per gli altri dato che mostravano scarso interesse per i suoi problemi.

A quel punto la madre intervenne con sgomento. La donna dichiarò che per quanto cercasse di dire a Lisa quanto fosse preoccupata e di quanto desiderasse solo il meglio per lei, Lisa non sembrava crederci. Quando la terapeuta chiese a Jane come avrebbe potuto comunicare a Lisa cosa provava, Jane disse che probabilmente non avrebbe potuto farlo dato che in quei giorni non sarebbe stata molto tempo a casa.

La decisione di recarsi al Centro per una sessione walk-in quindi era stata dettata dalla paura che la madre aveva che Lisa potesse suicidarsi, soprattutto se non avesse trovato qualcuno con cui parlare immediatamente. Secondo Jane, lei e Lisa avevano visto molti professionisti negli ultimi giorni, nessuno dei quali però era sembrato interessato alla loro storia, né al problema di Lisa.

Dopo la consultazione con il team, la terapeuta si complimentò con la madre per aver preso sul serio il tentativo di suicidio della figlia ed essere stata determinata a chiedere una consulenza. La terapeuta indicò la necessità di una consultazione psichiatrica data la presenza dei pensieri ricorrenti descritti da Lisa e dei recenti comportamenti autolesionistici. Sapendo che la principale preoccupazione di Jane era la sicurezza di sua figlia, il team e la famiglia collaborarono alla predisposizione di un piano di sicurezza per Lisa. Il piano prevedeva che la madre potesse parlare con qualcuno telefonicamente nei momenti di crisi e che potesse chiamare il pronto soccorso dell’ospedale se si fossero verificati comportamenti di autolesionismo o suicidio. Il team chiese a Lisa di prendere in considerazione l’utilizzo di un “touchstone” che poteva tenere in tasca e toccare quando si sentiva turbata e incapace di concentrarsi. A quel punto avrebbe potuto chiamare uno dei numeri telefonici per gestire le crisi e esplorare i suoi sentimenti attuali. Jane e Lisa furono esortate a tornare al Centro qualora una delle strategie utilizzate non fosse riuscita a soddisfare i loro bisogni in modo tempestivo.

La settimana dopo tornarono per un’altra sessione walk-in, affermando che avevano bisogno di un confronto ulteriore. Alla domanda su cosa fosse avvenuto di nuovo dall’ultima volta in cui si erano recate all’Eastside, Lisa affermò che i suoi pensieri e i suoi comportamenti autolesionistici si erano notevolmente ridotti. Jane dichiarò invece che la sua ansia per Lisa era notevolmente aumentata. Quando le fu chiesto cosa stesse scatenando l’aumento dell’ansia, dichiarò di essere stata ascoltata da terapeuti che l’avevano presa sul serio. Questa fu vista come un’affermazione molto positiva dato che inizialmente la squadra era rimasta impressionata in quanto aveva considerato Jane come una madre “svalutante”. Adesso invece sembrava essere una madre sopraffatta dalla responsabilità e dalla paura. Jane inoltre apprezzò il fatto che Lisa fosse stata ascoltata, dato che fino a quel momento la ragazza si era sentita non accolta.

Dopo la consultazione del team, la terapeuta elogiò il lavoro svolto da madre e figlia, approvando la preoccupazione di Jane e mettendo in evidenza il lavoro che entrambe dovevano fare per migliorare la loro relazione. Durante la seconda sessione, il team concluse che la famiglia era passata dalla condizione di “visitatore” a quella di “cliente che vuole cambiare” (de Shazer, 1985; Slive, McElheran e Lawson, 2001), dato il significativo cambiamento di Lisa ottenuto con l’eliminazione dei comportamenti a rischio e la consapevolezza di sua madre del divario nella loro relazione. Su richiesta della famiglia il percorso continuò, ma tale opportunità fu resa più facile grazie al breve servizio di consulenza offerto dove le due donne si erano sentite al sicuro, ascoltate e rispettate.

 

Questo esempio illustra molti aspetti della terapia walk-in dell’Eastside Family Centre e di seguito vedremo quali sono i fondamenti del modello di questo servizio.

 

 

I fondamenti del modello di TSS/WI:

  • L’intervento dura solo un’ora

Il terapeuta ha poco tempo per costruire l’alleanza terapeutica, pertanto sono escluse le esplorazioni del passato. I terapeuti che, ad esempio, iniziano le loro sessioni con una indagine multigenerazionale attraverso il genogramma potrebbero, per ragioni di tempo, ripensare al loro solito approccio. Con i clienti che presentano più problemi, invece, la sfida può essere più alta in quanto i terapeuti hanno bisogno di affinare le loro competenze per negoziare un focus raggiungibile in un’ora. Le domande che un terapeuta sceglie di porre devono essere attentamente considerate attraverso una lente che tiene conto del tempo. Una domanda “innocente” potrebbe portare a 20 minuti di conversazione che non sono utili per aiutare i clienti a scegliere cosa vogliono ottenere dalla sessione.

 

  • Restringere il database

Fisch (1994) sostiene che più stretto è il database della conversazione terapeutica, più breve è la terapia. I terapeuti che conducono sessioni di terapia walk-in gestiscono il colloquio in modo da ridurre i tempi di conversazione. Per ottenere ciò si concentrano sul problema come si presenta nel presente, guidando la discussione sui dati attuali (piuttosto che passati) con particolare interesse per i dati descrittivi (anziché esplicativi). Per esempio, il terapeuta è interessato a chi, cosa, quando, come e con chi si sviluppa quel comportamento e non sulla “causa sottostante” o la funzione del problema. Stabilire obiettivi specifici descritti in termini comportamentali consente al terapeuta e al cliente di focalizzare e strutturare la sessione in modo efficiente.

 

 

  • È una terapia completa

La seguente dichiarazione di Ray & Keeney (1993): “tutte le sessioni mirano ad essere un’intera terapia”, sebbene non si riferisca in modo specifico alla TSS o alla terapia Walk-in, cattura l’essenza di come può essere concepita una sessione walk-in.

Tale pensiero aiuta a cercare un focus della terapia. Se i clienti dovessero tornare per una sessione successiva, quella sessione verrà considerata come un nuovo caso.

 

 

  • Fattori comuni

I fattori comuni che influiscono sul cambiamento terapeutico nelle sessioni di TSS/Walk-in includono l’utilizzo delle risorse del cliente e del suo sistema collegate alla motivazione del cliente, alla speranza del miglioramento e alla continua ricerca dei feedback da parte del cliente in merito all’adattamento tra le procedure utilizzate dal terapeuta (il modello) e le sue idee su cosa funzionerà.

 

 

  • Le influenze terapeutiche sono mitigate dal pragmatismo

Coerentemente con quanto espresso dal pensiero postmoderno, per un terapeuta breve nessun modello è considerato più corretto di un altro. L’interesse primario si rivolge a ciò che è più utile per quel cliente in quel momento. Questa è essenzialmente una prospettiva pragmatica (Amundson, 1996).

 

 

  • La sessione è una consultazione

È preferibile pensare alla TSS/Walk-in come a un processo di consultazione in cui il terapeuta offre delle idee (molte delle quali provengono direttamente dal cliente), mentre il cliente decide se accettarle, respingerle o metterle in attesa. La consultazione aiuta i terapeuti a non assumersi la responsabilità del cambiamento al posto del cliente, ma a creare il contesto che consenta alla persona di scoprire le sue risorse e indicare in che modo il terapeuta potrà essere una guida per lui.

 

 

Conclusioni

Il caso riportato ci ha illustrato come nella Terapia a Seduta Singola/Walk-in sia necessario stabilire un focus sui bisogni dei clienti e affrontare i problemi con interventi adeguati. Questi ultimi iniziano sempre con dei feedback positivi volti a valorizzare le risorse delle persone, a utilizzare le loro idee, a esortarli a compiere piccoli passi e a concentrarsi sul futuro immediato.

  

Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).

 

Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

 

 

Bibliografia

Amundson, J. (1996). Why pragmatics is probably enough for now. Family Process, 35, 473–486.

de Shazer, S. (1985). Keys to solution in brief therapy. New York: Norton.

Fisch, R. (1994). Basic elements in the brief therapies. In M. F. Hoyt (Ed.), Constructive therapies 1. New York: Guilford.

Ray, W., & Keeney, B. (1993). Resource focused therapy. London: Karnac.

Slive, A., McElheran, N. & Lawson A. (2008). How Brief Does it get? Walk-in Single Session Therapy, Journal of Systemic Therapies, pp. 5–22.

 

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Angelica Giannetti