La Terapia a Seduta Singola in caso di calamità naturali

psicoterapia seduta singola emergenza

La Terapia a Seduta Singola nei contesti dell’emergenza.

A volte capita che alcune persone soffrano di disturbi e sintomi legati alla propria storia personale, al proprio modo di costruire la realtà, alle dinamiche in cui sono inseriti, ecc. Altre volte sono eventi esterni a metterci lo zampino e a creare uno stravolgimento tale da mettere in ginocchio anche le personalità più equilibrate e attrezzate.

Recentemente ne abbiamo avuto drammatica prova con il terremoto che ha colpito il centro Italia. In passato ci sono state altre calamità naturali che hanno interrogato i professionisti del benessere sulle modalità più efficaci e adeguate per intervenire in simili circostanze.

Ne è stato un chiaro devastante esempio l’Uragano Katrina, cioè l’uragano più freddo della storia degli Stati Uniti, che nell’agosto 2005 ha attraversato la Florida e ha preso forza attraversando il golfo del Messico, per travolgere successivamente la Louisiana con un seguito di danni stimati per oltre centro biliardi di dollari e più di 1,836 morti. In quell’occasione la Croce Rossa aveva inviato centinaia di professionisti della salute mentale a prestare soccorso, e la modalità con cui gli aiuti hanno preso forma è stata prevalentemente nella forma della Terapia a Seduta Singola.

L’esperienza dell’Uragano Katrina

John K. Miller (2010) racconta di essere stato da principio molto scettico rispetto alla possibile efficacia di un intervento impostato a Seduta Singola ma di essersi ricreduto molto presto. La situazione d’emergenza era tale per cui non solo non c’erano spazi ufficio a disposizione in cui poter svolgere il lavoro terapeutico nella cornice tradizionale, ma in molte aree mancavano ancora elettricità e acqua. Le persone colpite dal disastro avevano quindi le esigenze più disparate: c’era chi mancava di beni di prima necessità e riparo, chi di informazioni, chi aveva bisogno di riprendere contatto con i propri familiari, chi di superare il trauma di un’evacuazione repentina, o dello stravolgimento della propria vita per come l’avevano sempre conosciuta, o di superare il lutto drammatico e improvviso di familiari periti nella calamità…

Si trattava di una situazione di emergenza in senso stretto quindi, in cui tutti i presupposti di intervento dovevano fare i conti con le reali disponibilità di risorse fisiche e di tempo sia degli operatori che delle persone che chiedevano il loro intervento. Insomma, l’uragano aveva finito per catapultare anche gli psicologi fuori dai propri studi nel bel mezzo di una situazione di crisi che chiedeva per sua stessa natura di essere massimamente efficace ed efficiente nello spazio di un unico incontro.

Perché questo fosse possibile venivano adottati alcuni accorgimenti, sia nella definizione iniziale del lavoro che si sarebbe svolto insieme, sia nelle domande che avrebbero consentito di configurare il problema in termini funzionali a un possibile cambiamento. 

Le domande più efficaci

Come detto, prima di porre le domande è bene prendere alcuni accorgimenti, come ad esempio contestualizzare la situazione con la persona. Ad esempio, in un contesto di Terapia a Seduta Singola nell’ambito dell’emergenza si può dire: «Prima di iniziare, vorrei dedicare un minuto per spiegarti come lavoriamo. Come sai, questo è un servizio di supporto volontario. Puoi rivolgerti a noi ogni volta che vuoi e puoi, proprio come hai fatto ora, e puoi accedere a questo servizio in modo gratuito e senza l’obbligo di tornare per un successivo appuntamento. La mia speranza oggi è di lavorare insieme nel tempo che abbiamo disposizione – di solito circa 50 minuti – per contribuire ad affrontare  meglio le cose. Se vuoi puoi tornare liberamente per un’ulteriore consulenza tutte le volte che ci siamo; può darsi che non ci sia nuovamente io, ma troverai comunque un collega dello stesso servizio che sarà contento di parlare con te.»

Se chiedere non è porre una domanda innocua, ma è anche definire un orizzonte e orientarne la direzione, che strumenti può adottare un clinico per generare cambiamento in una singola seduta? Quali domande possono permettere cioè al terapeuta non solo di raccogliere informazioni sul problema, ma anche sulle soluzioni, in modo da co-costruire una dimensione di lavoro pragmaticamente utile?

L’esperienza con l’uragano Katrina ha permesso di individuare alcune di queste domande chiave. Eccone alcune, a titolo esemplificativo, che permettono di lavorare proprio in questa direzione non solo nelle situazioni di crisi, ma più complessivamente mettere ordine nelle priorità di intervento e per focalizzare le risorse:

  • «Qual è la prima più grande preoccupazione che hai in questo momento?»
    Nella confusione generata da un brusco cambiamento esistenziale, il primo passo è riuscire a mettere a fuoco quali sono le necessità prioritarie per urgenza e importanza verso cui dirigere l’attenzione e le energie, senza perdere di vista il contesto più ampio in cui si inseriscono.
  • «Quali soluzioni hai già sperimentato?»
    Interrogarsi sulle tentate soluzioni assolve a due compiti fondamentali: da una parte permette di evitare il ripetersi di errori già praticati in modo fallimentare in passato (Watzlawick et al., 1975); dall’altra permette di cavalcare risposte che la persona ha invece sperimentato positivamente, magari nell’affrontare precedenti traumi (de Shazer & Dolan, 2007). Entrambi questi aspetti sono determinanti perché consentono di mettere a frutto ciò che la persona ha già imparato su di sé attraverso le sue stesse risorse, e quindi a restituirgli un’immagine di sé come parte integrante e attiva del proprio stesso processo di guarigione, di cui è protagonista.
  • «Quale tua risorsa personale sarebbe utile che conoscessimo di te?»
    Per gli operatori di cambiamento è fondamentale conoscere e mettere a disposizione del lavoro terapeutico comune tutti i possibili elementi di resilienza – dal senso di auto-efficacia, all’umorismo, alla creatività, ecc. – su cui poter fare leva.
  • «Quale sarebbe il cambiamento più piccolo che ti mostrerebbe che le cose stanno andando nella direzione giusta?»
    Se un viaggio di mille miglia comincia dal primo passo, identificare con chiarezza quale possa essere è determinante (Hoyt, 2009). Lavorare con l’altro verso la definizione di un risultato chiaramente identificabile alla fine di ciascuna seduta permette di recuperare una direzione operativa, di restituire alla persona un senso di agentività personale e di identificare qualunque problema, anche il più enorme, come pragmaticamente affrontabile. Al termine dell’incontro i risultati saranno valutati sulla base del raggiungimento di quel primo fondamentale obiettivo, e non necessariamente dell’intero problema.

La risorsa più importante

Sono molte le lezioni che situazioni drammatiche come quella dell’uragano Katrina ci possono suggerire. Una per tutte, può ricordare che anche a fronte di una calamità naturale distruttiva come quella di un uragano di tale portata, è possibile intervenire in modo estremamente efficace attraverso un singola seduta. Anzi, per la sua stessa configurazione a intervento singolo, può confermare quella che forse è la risorsa più potente di tutte, ovvero ricordarsi che la resilienza è naturale, e le capacità delle persone sono la parte più importante del processo di guarigione.

Tania Da Ros
Psicologa, Psicoterapeuta
Trainer dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).

Bibliografia

de Shazer, S. & Dolan, Y. (2007). More Than Miracles: The State of the Art of Solution-Focused Brief Therapy. New York/London: Routledge.
Hoyt, M.H. (2009). Brief psychotherapies. Principles & practices. Phoenix, AZ: Zeig, Tucker & Theisen (Tr. it. Psicoterapie brevi. Principi e pratiche. Roma: CISU, 2016).
Miller, J.K.
 (2010). Single-Session Intervention in the Wake of Hurricane Katrina: Strategies for Disaster Mental Health Counselling. In A. Slive & M. Bobele (eds.) When One Hour is All You Have: Effective Therapy for Walk-In Clients. Phoenix, AZ: Zeig, Tucker & Theisen.
Watzlawick, P., Weakland, J. & Fisch, R. (1975). Change. Principles of problem formation and problem resolution. New York: Norton & co. (Tr. it. Change. La formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio, 1975).

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