Terapia a Seduta Singola: 6 principi che è bene tenere a mente

Terapia a Seduta Singola: 6 principi che è bene tenere a mente

Negli ultimi anni gran parte delle informazioni, delle ricerche e delle innovazioni riguardanti la Terapia a Seduta Singola provengono direttamente dal campo applicativo dei walk-in centres.

Non a caso l’articolo odierno è incentrato sui 6 principi fondamentali della pratica clinica adottata all’interno del Community Counseling Center di San Antonio (Texas), magistralmente riassunti da Slive e Bobele (2011). Gli autori sono riusciti a condensare un ampio ventaglio di livelli e concetti:
sia di origine teorica/epistemologica che tecnica/operativa.

Come abbiamo ripetuto più volte la Terapia a Seduta Singola si differenzia (per alcuni aspetti) da una sessione di walk-in; tuttavia gli elementi presentati in questo articolo possono essere molto utili sia per chi si approccia alla TSS, sia per chi già conosce l’argomento.

Si potranno ricavare degli ottimi spunti di riflessione anche per chi non pratica solitamente la Terapia a Seduta Singola, in quanto le tematiche rappresentate riguardano versanti assai importanti e delicati del nostro settore clinico.

 

1. E’ solamente un’ora

Il concetto del tempo rappresenta uno dei fattori cruciali per una Walk-in Single Session Therapy; dunque è molto importante preventivare come la sessione viene pensata e realizzata, soprattutto in termini di relazione paziente-terapeuta.

Nei sessanta minuti a disposizione si ha tutto il tempo necessario per costruire una buona alleanza terapeutica, a patto che ci si concentri sugli aspetti più importanti della storia del cliente (Hoyt, 2009).

L’ascolto e l’empatia (elementi di una buona relazione) dovranno essere sempre considerati attraverso la lente del tempo, richiedendo al terapeuta di affinare attentamente le proprie competenze, sia nella scelta delle domande (che riportano al focus), che nella capacità di ascolto e relazione.

L’alleanza terapeutica deve essere dunque tenuta rigorosamente in considerazione, ma alla luce di quanto appena detto e della struttura organizzativa della sessione d’intervento.

 

 

2. Focalizzare le informazioni

In una terapia la quantità di informazioni trasmesse dal cliente è solitamente molto significativa.

Nella Terapia a Seduta Singola, così come in una sessione di walk-in, è necessario restringere la “dimensione del database” attraverso alcune procedure.

Fisch (1994) sostiene che più è focalizzata e ristretta la quantità di informazioni presenti in una conversazione terapeutica, più la terapia risulterà breve.

Innanzitutto il focus è sul problema e su come questo agisce nel presente. I terapeuti dovranno quindi impostare la discussioni su informazioni attuali e/o proiettate al futuro (non appartenenti al passato), selezionando quelle descrittive a discapito di quelle esplicative.

Così facendo si metterà in evidenza quando, cosa, come e con chi il problema si evidenzia, privilegiando, quindi, il piano delle relazioni interpersonali.

In secondo luogo il cambiamento deve essere osservato in termini di obiettivi specifici, possibilmente descritti in termini comportamentali. Questo si può realizzare, ad esempio, attraverso prescrizioni da svolgere al di fuori dello studio.

La sessione terapeutica risulterà quindi maggiormente efficace proprio nei termini della quantità di informazioni trasmesse e trattenute, rimandando la possibilità del cambiamento ad un’esperienza reale, più che a fattori esplicativi.

 

 

3. Una seduta rappresenta un’intera terapia

Affrontare una sessione pensando che possa essere l’unica rappresenta una delle maggiori difficoltà per i terapeuti che si avvicinano alla Terapia a Seduta Singola.

Questa dimensione riguarda principalmente il mindset dell’esperto e di quanto sia in grado di prefigurarsi questo scenario. Se affrontiamo una Terapia a Seduta Singola con l’idea che difficilmente riusciremo a trovare un focus per il cliente, questo senza dubbio ci porterà ad un fallimento.

D’altra parte l’apprendimento e l’interiorizzazione di un mindset adeguato è più difficoltosa dell’apprendimento di qualsiasi teoria o tecnica.

Da un punto di vista pratico risulterà utile suddividere la sessione in tre momenti cardine: una fase iniziale, una centrale e una finale; ognuna con azioni ed obiettivi differenti.

Seguendo delle tappe perstabilite sarà più semplice organizzare la sessione in modo tale da considerarla un’intera terapia.

 

 

4. Fattori comuni

Molti studi sull’efficacia della psicoterapia, effettuati negli ultimi quarant’anni, concordano su un aspetto molto interessane. Ovvero tale efficacia deriva da alcuni fattori condivisi (comuni) piuttosto che dagli aspetti unici delle varie scuole di pensiero (Hubble, Duncan & Miller, 1999; Wampold, 2001; Duncan, Miller & Sparks, 2004).

Tra i più importanti la relazione e l’alleanza terapeutica, quindi un buon ascolto, una buona capacità empatica e di sostegno dello specialista. D’altra parte il cliente deve percepire tutto questo, insieme all’idea che esistano delle buone condizioni per lo svolgimento della sessione e per la soluzione dei suoi problemi.

Come viene svolto tutto questo all’interno di una Walk-in Single Session Therapy?

Slive e Bobele illustrano alcuni passaggi fondamentali, come:

  •  aiutare i clienti ad utilizzare le proprie risorse interne ed esterne (relazionali o di sistema)
  • ascoltare le loro motivazioni o i loro desideri
  • creare la speranza che il processo terapeutico porti ad un miglioramento.

Molto importante il continuo processo di feedback e monitoraggio svolti sul cliente, che valuterà in corso d’opera se la metodologia utilizzata è adeguata per lui.

 

 

5. Le basi teoriche

Le teorie principali alla base delle applicazioni di cui stiamo parlando fondano le proprie radici essenzialmente nella matrice costruttivista, con particolare attenzione alle scuole (di psicoterapia) che ne sono derivate. Parliamo ad esempio del Mental Reaserch Institute (quindi anche delle influenze eriksoniane) e di tutta la terapia Sistemica (Bateson, 1972) e Strategica (Haley, 1973; Watzlawick, Weakland & Fisch, 1974), della Solution-Focused (De Shazer & Dolan, 2007), dell’Approccio Narrativo (White & Epston, 1990) o della terapia Cognitivo-Comportamentale (Young, 2008)

In generale l’orientamento è rivolto alle terapie brevi, in una prospettiva pragmatica (Amundson, 1996).

 

 

6. La sessione è una consultazione

Come affermano gli stessi autori (Slive & Bobele, 2011) si dovrà pensare alla Walk-in Single Session Therapy come ad un processo di consultazione in cui il terapeuta offre delle idee e il cliente decide se accettarle, rifiutarle, o metterle da parte. I clienti lasciano la sessione e possono, o non possono, utilizzare la conversazione terapeutica.

Quest’ultimo aspetto, legato anch’esso al mind-set, ha una finalità molto specifica: far ricadere sulla persona e non sullo specialista la responsabilità del cambiamento. Ma questo non è tutto.

D’altra parte bisogna anche credere che il cliente sia la più grande risorsa della terapia e al tempo stesso il punto di vista privilegiato per valutarne gli esiti. Il compito maggiore del terapeuta è quello di creare un contesto adeguato allo sviluppo di tali risorse.

 

Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).

 

Pier Paolo D’Alia
Psicologo
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

Bibliografia

Bateson G. (1972). Steps to an Ecology of Mind. San Francisco: Chandler Publishing Co.

De Shazer, S. & Dolan, Y. (2007). More Than Miracles: The State of the Art of Solution-Focused Brief Therapy. New York: Routledge.

Duncan, Miller & Sparks, 2004

Haley J. (1973). Uncommon Therapy. The psychiatric techniques of Milton Erickson. New York: Norton  (Trad. It, Terapie non comuni. Tecniche ipnotiche e terapia della famiglia, Astrolabio, Roma, 1976).

Hubble, M., Duncan, B., & Miller, S. (1999). The Heart and Soul of Change. Washington: American Psychological Association Press

Slive, A. & Bobele, M. (2011). When One Hour is All You Have. Phoenix: Zeig, Tucker & Theisen.

Wampold, 2001;

Watzlawick, P., Weakland, J. H. & Fisch, R. (1974). Change. Principles of Problem Formation and ProblemSolution. Palo Alto: M.R.I. (Tr. it. Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio, 1975).

Withe, M., Epston, D. (1990). Narrative means to therapeutic ends. New York: Norton.

Young, 2008

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Pier Paolo D'Alia