Uno dei primi contributi alle linee guida della terapia a Seduta singola

Uno dei primi contributi alle linee guida della terapia a Seduta singola

In un precedente articolo abbiamo parlato delle 11 Linee Guida pratiche per iniziare a fare Terapia a Seduta Singola, originariamente presentate dal gruppo di Rosenbaum, Hoyt e Talmon (1992).

 

Ma queste 11 linee guida da cosa si sono sviluppate?

Rosenbaum, Hoyt e Talmon e successivamente altri autori partiti dal loro metodo di Terapia a Seduta Singola, ripresero e svilupparono, infatti, le linee guida proposte da Bloom nel 1981.

Bernard Bloom, nel 1981 si occupò di curare un capitolo intitolato Focused single session therapy: Initial development and evaluation, del libro Forms of brief therapy di Simon Budman. In questa occasione, offrì per la prima volta una serie di linee guida da tenere in considerazione per praticare interventi di Terapia a Seduta Singola, che furono successivamente prese e sviluppate da Rosenbaum, Hoyt e Talmon (1990, 1992).

 

E’ importante però fare un chiarimento!

La TSS, come già detto in altri articoli, non ha un caposcuola. Sebbene Talmon venga giustamente riconosciuto come colui che per primo, si focalizzò sull’argomento e costituì un gruppo con cui studiare sistematicamente il fenomeno, non può essere considerato né il fondatore di un approccio, né un caposcuola, piuttosto, possiamo dire che Talmon e il suo gruppo hanno compiuto una serie di osservazioni e studi da cui altri autori sono partiti per massimizzare l’efficacia di ogni singola seduta.

 

Ma tornando a Bloom, vediamo quali sono queste linee guida che ha proposto, alcune tra l’altro ancora oggi in uso:

  • Identificare un problema focale
  • Non sottostimare le risorse del cliente
  • Essere prudentemente attivi
  • Esplorare, dopodiché presentare le interpretazioni cautamente
  • Incoraggiare l’espressione degli affetti
  • Utilizzare il colloquio per avviare un processo di problem solving
  • Monitorare il tempo
  • Non essere troppo ambiziosi
  • Ridurre al minimo questioni fattuali
  • Non concentrarsi eccessivamente sull’evento scatenante
  • Evitare derive
  • Non sovrastimare l’auto consapevolezza del cliente
  • Contribuire a mobilitare le risorse sociali
  • Educare quando alle persone sembrano mancare informazioni
  • Costruire un piano di follow up

 

Come accennato sopra, Talmon, Hoyt e Rosenbaum, ripresero e svilupparono queste linee guida, e partendo dai loro lavori, presso l’Italian Center for Single Session Therapy sono stati poi identificati i tre metodi principali di TSS, ciascuno con le proprie linee essenziali, che vengono riportate nell’articolo nominato all’inizio. I tre modelli sono:

  1. Il Metodo Californiano: parte dai primissimi studi di Talmon, Hoyt e Rosenbaum e dalla loro prima ricerca condotta al Kaiser Permanente, la struttura sanitaria presso cui tutti e tre lavoravano al tempo (Hoyt, 2009; Hoyt, 2000; Hoyt, 1994; Talmon, 1993; Hoyt, Rosenbaum & Talmon, 1992; Rosenbaum et al., 1990; Talmon, 1990).
  2. Il Metodo Canadese-Texano, rappresentato dal lavoro di Arnold Slive e Monte Bobele: il primo lanciò l’Eastside Family Center a Calgary (Canada), integrando le logiche della TSS in un servizio di walk-in, e il secondo realizzò un servizio simile presso la Our Lady of the Lake University di San Antonio (Texas), dopo un incontro con Slive. Da allora i due collaborano attivamente insieme, sviluppando un interessante metodo di Terapia a Seduta Singola (Bobele & Slive, 2014; Slive & Bobele, 2014, 2013, 2011; Bobele, Lopez, Scamardo & Solórzano, 2008; Slive, 2008; Slive, McElheran & Lawson, 2008).
  3. Il Metodo Australiano, rappresentato dai lavori condotti presso il Bouverie Center di Melbourne, il centro per famiglie diretto da Jeff Young: pur non avendo ancora scritto alcun libro, il Bouverie Center ha formato, fin dal 1994, svariate centinaia di terapeuti australiani e decine di strutture sanitarie sulle logiche della TSS. Ad esempio, nel 2004, il Department of Human Services dello Stato del Victoria commissionò al Bouverie Center la formazione di centinaia di terapeuti e manager afferenti alle strutture sanitarie della regione. Il metodo di questo centro viene spesso indicato come Single Session Work, poiché è stato capace di adattarsi a diverse figure professionali (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ma anche infermieri, assistenti sociali, dirigenti sanitari, ecc.). La bibliografia prodotta, in termini di articoli, è davvero vasta. Come riferimento si può vedere il numero monografico dell’Australian and New Zealand Journal of Family Therapy (Vol. 33, N. 1, 2012), interamente dedicato alla Terapia a Seduta Singola.

 

In questo articolo, come Italian Center for Single Session Therapy, riprendendo la storia, abbiamo riportato una serie di suggerimenti proposti da Bloom, presi in considerazione per sviluppare le successive linee guida per praticare la Terapia a Seduta Singola e riuscire a massimizzare l’effetto di ogni singolo e spesso unico incontro.

 

Veronica Torricelli
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

 

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Angelica Giannetti